La pandemia da Covid-19 ha colpito pesantemente il Brasile, causando 600.000 morti, il secondo numero di decessi più alto dopo quello degli USA. Nonostante il contesto internazionale ancora favorevole, secondo ISPI il processo di vaccinazione non basterà a mantenere l’attuale ripresa economica nei prossimi mesi. Grazie a una decisa espansione fiscale, la contrazione dell’attività economica nel 2020 è stata contenuta a -4,1%. In questo momento l’economia brasiliana mostra una ripresa robusta e quest’anno potrebbe chiudersi con un’espansione del PIL pari a 5,2%, mentre la previsione per il 2022 è di uno stop a +1,5%. La crescita sarà minore non solo per la politica monetaria restrittiva, ma anche per la politica fiscale meno espansiva: nel 2020 il saldo totale del bilancio pubblico era arrivato a – 13,4% del PIL, mentre nel 2021 il disavanzo dovrebbe scendere a -6,2%. Il rapporto tra debito pubblico lordo e PIL, arrivato a quasi il 100% nel 2020, dovrebbe scendere al 90,6% alla fine di quest’anno. Ci sono fatti interni che causeranno un rallentamento della domanda, soprattutto degli investimenti delle imprese: la combinazione di una politica monetaria anti-inflazionistica e di una politica fiscale meno espansiva, in un anno pre-elettorale caratterizzato da forte polarizzazione e incognite sulla tenuta delle istituzioni democratiche.
La principale preoccupazione congiunturale sul fronte macroeconomico è l’aumento dell’inflazione, attualmente vicina al 10%, rispetto al target del 3,75%. Un fenomeno che ha numerose cause: l’aumento dei prezzi dei beni industriali, le restrizioni dell’offerta e la maggiore domanda di beni rispetto ai servizi. Quest’ultimo fattore dovrebbe attenuarsi con il progresso nelle vaccinazioni, anche se potrebbe emergere un problema di inflazione nel settore terziario. Infine, vi sono state pressioni sui prezzi di generi alimentari, carburanti ed energia elettrica, dovute a fattori quali il deprezzamento del tasso di cambio, gli elevati prezzi delle materie prime e le condizioni meteorologiche avverse. Se i Paesi avanzati iniziassero ad aumentare i tassi ufficiali, il Brasile dovrebbe alzare ulteriormente i tassi d’interesse o subirebbe una consistente uscita di capitali.
Lo scorso 22 settembre la Banca Centrale del Brasile (BCB) ha aumentato il tasso ufficiale (Selic) dell’1%, portandolo al 6,25%, ipotizzando che aumenterà di altri 2 punti percentuali entro la fine di quest’anno. Secondo l’autorità monetaria, questa manovra dovrebbe essere sufficiente per riportare l’inflazione vicino all’obiettivo già nel 2022. La conseguenza di questa misura anti-inflazionistica sarà un aumento del tasso d’interesse reale, che indebolirà la domanda d’investimenti delle imprese in Brasile. Questo fattore si aggiunge al disincentivo che viene dalla situazione d’incertezza del contesto politico. Nell’ottobre 2022 si terranno le elezioni presidenziali e al momento la campagna elettorale si annuncia molto dura e polarizzante, con effetti negativi sugli investimenti diretti esteri.
Negli ultimi 12 mesi i flussi IDE in entrata sono stati già molto inferiori rispetto agli anni precedenti e lo scenario più probabile non prevede miglioramenti. Nel 2020 gli afflussi totali di IDE nel paese sudamericano, pari a 44,7 miliardi di dollari, sono stati inferiori del 35,4% rispetto al 2019. Questa riduzione non ha comunque impedito al Brasile di rimanere il primo destinatario in America Latina e Caraibi, ma a livello mondiale è sceso dal sesto posto (2019), all’undicesimo (2020). In questo scenario, gli investimenti italiani sono stati un’eccezione: nel 2020 grazie a un nuovo investimento del gruppo Enel, i flussi di IDE italiani in Brasile sono aumentati del 69,6%, fino a rappresentare il 3% del totale degli IDE ricevuti dal Brasile.
Pioniere nella generazione di energia idroelettrica, oggi il Brasile si colloca in un ristretto gruppo di Paesi all’avanguardia per energia rinnovabile e sostenibile. La matrice energetica del Brasile si distingue per essere composta per il 48% da fonti rinnovabili, mentre nel resto del mondo questa percentuale si ferma al 14%, secondo i dati del Ministero dell’Energia. Per i paesi OCSE, si parla di numeri ancora più bassi, intorno all’11%. E se si guarda all’energia elettrica, l’85% è rinnovabile, rispetto ad una media mondiale intorno al 28%. La matrice energetica brasiliana è una delle più rinnovabili tra le economie mondiali, grazie alla vastità delle risorse naturali che permettono di far fronte alla domanda energetica nazionale. A favorire questo processo sarà anche la crisi idrica e le inevitabili restrizioni nel settore idroelettrico che stanno colpendo il paese. Fino a 20 anni fa, l’85% dell’energia proveniva da fonte idrica. Oggi, si parla del 65% e il restante 20% è stato sostituito con altre fonti e questo si deve, da un lato, alla difficoltà di impiantare nuove centrali idroelettriche, dall’altro alla capacità limitata di raccolta dei bacini dei nuovi impianti. È per questo motivo e grazie alla presenza di numerose risorse naturali che altre fonti rinnovabili hanno guadagnato sempre più forza.
L’energia solare è quella che ha registrato, negli anni, l’aumento maggiore. Per la sua posizione geografica e la vicinanza all’Equatore l’utilizzo di pannelli solari ha permesso di ridurre notevolmente i costi. Negli ultimi 3 anni, l’energia solare centralizzata è cresciuta del 200% e quella distribuita, residenziale, del 2000%. Per il futuro, sono attesi investimenti pari a 100 miliardi di reais, che corrispondono al 28% degli investimenti previsti per il settore elettrico. Per quanto riguarda l’energia eolica, la capacità installata corrisponde già all’11%, di cui l’80% è localizzata nel nord est del paese che già oggi è il settimo più grande produttore al mondo, mentre si stima nei prossimi dieci anni la capacità installata raddoppierà, senza considerare l’enorme potenziale rappresentato dagli impianti offshore, in alto mare. Infine, le biomasse rappresentano il 27% di tutta l’energia prodotta, di cui quasi il 19% proviene dalla lavorazione della canna da zucchero.
Nonostante ciò, il 52% della matrice è ancora di origine fossile e i prossimi passi saranno mossi proprio in questo comparto, per poter raggiungere la decarbonizzazione dei principali settori che usano energia fossile: industria e trasporti. In questo senso, il Brasile può giocare un ruolo importante nella produzione di idrogeno verde. Il paese possiede, infatti, diverse risorse naturali che possono essere utilizzate per la produzione di idrogeno verde e numerose imprese nazionali e multinazionali già stanno pensando di avviare progetti in Brasile in questo settore. Secondo gli analisti, questo è il momento ideale per investire in fonti rinnovabili e sostenibili. Il paese sta vivendo una pesantissima crisi idrica, con impatto diretto sui costi di produzione di energia elettrica. A questo proposito, nel PDE 2030, il piano di sviluppo energetico decennale, si prevedono investimenti per l’ammontare di 95 mld in gas naturale e 68 mld in biocombustibili.